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Murisengo
(Al)
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Murisengo, la cui topografia si conforma alla natura collinare
del suolo, sorge su uno sprone che domina da sud la valle
del torrente Stura. Il territorio comunale, che confina a
ovest con la provincia di Asti, si estende sulle colline a
nord e a sud della Stura e comprende numerosi centri abitati
e case sparse. Tra i primi i più importanti sono Bricco
e Corteranzo. Altre frazioni sono quelle di San Candido, Casa
Battia e Sorina. A Murisengo sono alcune fonti idropiniche
fra cui la Pirenta, una delle più famose fontane sulfuree
del Monferrato, con una facciata in pietra ordinata nel 1859
dal marchese Giuseppe Scozia. Della Pirenta esaltò
le virtù terapeutiche nel XVIII secolo il padre Agostino
de Levis, membro di varie accademie.
L'attività degli abitanti continua in parte a svolgersi
nei campi, ma vi sono anche moderne industrie a fondo valle
e diffuse attività artigianali e commerciali. Animati
i mercati, sia quelli tradizionali di Murisengo e Cerrina
Valle, sia quello specializzato della Piagera (ortaggi e frutta).
È inoltre fiorente il turismo per le escursioni di
fine settimana o per il soggiorno estivo.
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(da "I castelli del
Piemonte" Ed. Gribaudo) |
Il castello di Murisengo, nella sua configurazione
attuale risale al seicento. La sua torre merlata fu edificata
precedentemente, nel 1510 e, sicuramente in questo luogo
esisteva una fortificazione medioevale, più volte assediata
nel corso dei secoli. Alla base della torre merlata si
apre verso la valle un bel giardino dal quale si può godere
di un ottimo panorama. Il castello, che all'esterno è
di apparenza modesta, possiede sale sontuose con interessanti
raccolte artistiche, una galleria di tele pregevoli, arredamenti
in stile barocco, una ricca armeria, una sala riccamente
decorata con stemmi gentilizi. La visita deve essere richiesta
all'attuale proprietaria, la famiglia Bosio. |
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La Chiesa di San Luigi Gonzaga si trova
nei pressi del cimitero di Corteranzo, una frazione di
Murisengo. Sullo sfondo di una sequenza di colline spicca
questa tipica espressione del barocco piemontese, ormai
concordemente attribuita al grande architetto torinese
Bernardo Vittone (1705-1770). Architetto della borghesia,
erede di Juvarra e Guarini, il Vittone operò in
diverse aree della regione lasciando fra l'altro diverse
églises bombonnières a Torino, Riva di Chieri,
Carignano, Cambiano. In zona è sua l'imponente
costruzione dell'Ospizio dei poveri a Casale Monferrato
(1745).
La datazione della chiesa campestre oscilla fra 1740 e
1760: committenti ne furono i Giunipero, feudatari locali.
L'esterno dell'edificio si presenta in cotto ed è
di effetto scenografico altamente suggestivo, specialmente
per la sovrapposizione dei volumi digradanti.
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La facciata è considerata la parte
più bella dell'esterno: leggermente concava, è
formata da quattro lesene che inquadrano il portale. Una
finestra rotonda con una cornice irregolare sormonta il
frontone. Complessivamente l'insieme barocco della facciata,
in contrasto con la semplicità delle altre parti
esterne, denota ricercatezza e snellezza di disegno.L'interno
è decorato a tinte leggere con finti motivi architettonici.
Con grazia e gusto raffinato si presentano iparticolari
plastici, in stucco e in legno; i capitelli ionici e le
modanature delle trabeazioni e delle comici sono di ottima
fattura, nonostante le precarie condizioni dell'intonaco.
L'effetto cromatico dell' ambiente è piacevole
e l'altare vi si inserisce armoniosamente. |
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Il nome, di origine altomedioevale,
evidenzia nelle grafie Munesingo, Munesengum, Munesenghe,
il suffisso germanico -eng, anello, che richiama il cerchio dei
carri intorno al fuoco negli accampamenti longobardi.
Munesungum è citato in un diploma di Corrado II
del 1027, come possesso del monastero di San Pietro in Ciel d'oro,
e in uno di Federico I del 1164, fra le terre donate dall' imperatore
a Guglielmo il Vecchio, marchese del Monferrato.
I secoli successivi sono scanditi dal succedersi di diversi vassalli
al feudo murisenghese: i signori di Montiglio, i Radicati di Brozolo,
e dal 1420 gli Scozia, con titolo comitale, per ben quattro secoli.
Nel 1320 Murisengo compare nelle cronache del tempo per alcuni episodi
come l'intervento di Alberto Calcagno di Murisengo al parlamento
di Chivasso, al quale parteciparono tutti i vassalIi monferrini,
con l'impegno "a fornire un cavaliere ben equipaggiato ed altri
ancora".
Nella quiete delle stanze del castello, Silvio Pellico scrisse nel
1813 la sua non molto famosa tragedia "Francesca da Rimini".
Vassalli dei marchesi del Monferrato i signori di Murisengo ebbero
il piacere di vedere il nome del loro feudo su una carta del 1224
e nel 1320 Oberto Calcagno di Murisengo, intervenuto a un raduno
di signori monferrini presso la corte del marchese Teodoro a Chivasso
(Casale diverrà più tardi la capitale del Monferrato) si impegnò
a fornire un soldato ben equipaggiato. Il castello, cambiò numerosi
padroni, subì guasti, incendi e rovine. Murisengo rappresentò
anche un luogo prediletto da alcuni ordini religiosi: esisteva infatti
un' abbazia di monaci cistercensi di cui rimane traccia nell' antica
torre di San Pietro e una comunitàdi benedettini, dall' XI
secolo, si consacrò al culto di San Candido, soldato della
legione Tebea, che secondo la leggenda fu martirizzato appunto nella
frazione di San Candido.
(fonte:Il Piemonte paese per paese Bonechi
Editore)
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