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VIA
MILANO (già d'Italia) |
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La via, che prende il nome dal capoluogo Lombardo, un tempo
era indicata come «contrada d'Italia» w in altri
periodi storici, Contrada di Porta Vittoria, di San Michele
e di Porta Palazzo. Non c'è storico o commentatore delle
cose torinesi che non si sia soffermato su questa strada, legata
ad un apassato avventuroso in special modo per la chiesa di
San Domenico nel periodo dell'Inquisizione. Intitolata alla
città lombarda per sdebitarsi in segno di riconoscimento
quando i milanesi regalarono a Torino il bel monumento all'Alfiere
dell'Esercito Sardo, collocato in piazza Castello. |
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VIA
PORTA PALATINA (già Quattro Pietre) |
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Parallela di via XX Settembre,
da via Garibaldi al Corso Regina Margherita nel cuore della
Torino più antica. Nel 1860 la via prese l'attuale
denominazione comprendendovi quella dei Cappellai, dello Spirito
Santo e delle Quattro Pietre. Il nome le viene dall'antica
porta settentrionale della città, detta appunto Porta
Palatina simbolo della città nel suo aspetto più
romano. |
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VIA
BONELLI (già dei Fornelletti) |
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Via aperta nel 1823 per onorare quello che era lo zoologo
più noto del Piemonte, ha ricordi gastronomici. Dopo
aver preso il nome dalla porta Pusterla luogo cui correva,
divenne infatti la contrada dei fornelletti, cioè
dei forni dove i cittadini facevano cuocere il pane. Altri invece
vogliono che i fornelletti fossero i fuochi su cui bollivano
i pentoloni per la lavorazione dei bachi da seta. Nel XV secolo
vi furono sistemati un postribolo e, al numero 2, la casa del
boia.
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Parallela di via Palazzo di Città,
da via XX settembre a via Porta Palatina. Nel cuore della
vecchia Torino, è una via breve, meta di curiosi dopo
che appassionati di esoterismo hanno fatto di questa strada
uno dei punti da visitare nella città considerata «magica».
Il nome Cappel Verde le viene dall'insegna di un antico albergo
che si trovava nella strada e che inalberava un curioso copricapo
verde; vicino gli stava un altro albergo detto «Tre
Picche», che occupava la casa in cui vi era il collegio
dei cantori del duomo. Al numero 6 abitava l'unica donna esorcista
di Torino, Enrichetta Naum, morta nel 1911 in un alloggetto
della via adiacente, via Porta Palatina, trasferitasi qualche
anno prima. |
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| VIA
BOTERO (già del Fieno) |
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Parallela di via San Francesco d'Assisi,
da via Garibaldi a piazza Solferino. La strada, che un tempo
era detta del Fieno, prende il nome da Giovanni Botero, storico,
uomo politico, diplomatico e scrittore. Fu segretario di San
Carlo Borromeo e ambasciatore del Piemonte in Francia e in
Spagna. Il Botero venne sepolto a Torino in via Garibaldi
nella chiesa dei gesuiti dei Ss. Martiri.
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| VIA
GIULIO (già della Ghiacciaja) |
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Carlo Ignazio Giulio, nato nel 1803 a San
Giorgio Canavese e morto a Torino 56 anni più tardi,
uomo politico ed economista. Già professore di Scienze
fisiche e matematiche all’ateneo torinese, di cui
divenne rettore nel 1844, nonché membro della reale
Accademia delle Scienze, fu prima consigliere di re Carlo
Alberto e poi senatore del Regno. Fu uno dei fautori dell’istruzione
professionale per la gioventù (tanto che gli è
stato intitolato pure l’istituto di via Bidone), nonché
propugnatore (insieme ad Avogadro) del nuovo sistema metrico
decimale. Giulio fu anche presidente e segretario della
Società delle Scuole infantili di Torino, istituzione
a carattere fortemente progressista.
La via, parallela di corso Regina Margherita, parte da corso
Principe Eugenio e arriva in piazza Emanuele Filiberto,
nei pressi di via delle Orfane. Ospitava l’Ospedale
dei pazzi o regio manicomio della città, che i vecchi
torinesi chiamavano “i due pini” in virtù
del paio di alberi che sorgevano all’ingresso, sorto
nel 1728 con una lettera patente del re Vittorio Amedeo
II il quale ne aveva affidato la direzione alla confraternita
del Santissimo Sudario. I locali vennero poi ampliati tra
il 1828 e il 1835 nel rispetto del progetto di Giuseppe
Talucchi. «Dal 1844 al 1854». Con il passar
del tempo il nome di quella strada divenne sinonimo di malattia
di mente: «Guarda che se continui così va a
finire che ti ricoverano in via Giulio». L’arteria
in questione venne intitolata a Carlo Ignazio Giulio pochi
anni dopo la sua morte, mentre prima comprendeva le vie
delle Ghiacciaie e del Fortino.
All’angolo con via Piave, e quindi davanti all’ampio
spiazzo adibito a posteggio, un tempo c’era l’ospedale
privato di San Luigi Gonzaga (ora sede dell’Archivio
di Stato), costruito nel 1817 su progetto del Talucchi:
cento letti distribuiti su due piani, un infermiere ogni
cinque pazienti, per quello che all’epoca era considerato
un vero modello funzionale e formale in campo sanitario.
fonte: La Stampa (Maurizio
Ternavasio)
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Corso San Maurizio, che si snoda dal
Po alla confluenza con corso Regina Margherita, è forse
il più arioso (e luminoso, grazie alla sua larghezza)
dei viali torinesi perpendicolari al fiume.
Aperto nel 1818, fu dedicato al generale della legione Tebea
egiziano-romana, operante nella Mesopotamia nel corso del
III secolo, e successivamente scelto come protettore della
casa di Savoia e di tutto l'antico Piemonte. San Maurizio,
che si festeggia il 22 settembre, è il protettore degli
alpini. Nella seconda metà dell'Ottocento al numero
23 vi era la fonderia di metalli Colla e Comp.: da quello
stabilimento sono usciti il monumento al Conte Verde poi posizionato
in piazza Palazzo
di Città e la cancellata in ferro sistemata davanti
al Palazzo Reale,così come tutti i candelabri sparsi
per la città che servivano per l'illuminazione a gas.
Nei pressi della vecchia via dell'Ippodromo, ora via Rossini,
un tempo esisteva il fabbricato utilizzato per il mercato
del vino, inaugurato nel 1862. Si trattava di una vasta area
di 9.000 metri quadrati, ora adibita a civili abitazioni,
chiusa tutta intorno e nel mezzo della quale si alzavano una
serie di tettoie.
Corso San Maurizio è un po' il cuore del quartiere
Vanchiglia. Sul suo tracciato s'incontra un'ala di Palazzo
Nuovo, la (davvero non bella) sede delle facoltà umanistiche
inaugurata nel '66, e che richiama nell'architettura i più
o meno contemporanei palazzi della Stampa e della Sai. Per
fortuna che lo sky-line, quasi di fronte, è allietato
dalla “ fetta
di polenta” antonelliana: si tratta di un'ardita
costruzione dell'autore della Mole, tra le più sottili
case al mondo, visto che un suo lato misura soltanto settanta
centimetri. La palazzina è stata a lungo abitata dallo
stesso architetto, così come dal letterato Niccolò
Tommaseo.
Più avanti, ma dal lato opposto dirigendosi verso ovest,
dopo aver oltrepassato la sede dello storico (oltre 200 anni
di storia) istituto Avogadro, si costeggia un'ampia (ma sottovalutata
e poco utilizzata) porzione dei Giardini Reali.
fonte: La Stampa (Maurizio
Ternavasio) |
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Da piazza Castello con un sottopasso nei
Giardini Reali, al corso San Maurizio. La denominazione
del viale vuole onorare coloro che fecero parte delle forze
combattenti per la libertà, come i partigiani, aldilà
del loro credo plitico, e, in particolare, coloro che, nel
nome della libertà, sacrificarono la vita. Il sottopassaggio
dei Giardini Reali, fu inaugurato nel 1923 (vedi).
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